
28 Dicembre 2018
Responsabilità e Prevenzione – Il decreto legislativo n. 231/2001
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Il decreto legislativo n. 231/2001 ha introdotto, nel nostro ordinamento, una nuova ed autonoma responsabilità amministrativa da illecito penale, con riferimento al modello di organizzazione, gestione e controllo.
Detta responsabilità risulta essere direttamente a carico di enti e società e prevede diverse sanzioni per reati, siano essi commessi o tentati da soggetti che all’interno della struttura organizzativa, svolgono funzioni di direzione, gestione, amministrazione.
Essa perciò si rivolge ad amministratori, componenti del consiglio di gestione, membri del comitato esecutivo, dirigenti o dipendenti che svolgono i propri doveri a vantaggio o nell’interesse dell’ente o della società.
Il novero di reati in relazione ai quali opera l’imputazione dell’ente o della società a norma del decreto n. 231 del 2001 comprende molte fattispecie e, a seguito di successivi interventi normativi, si è andato via via espandendo arrivando a ricomprendere, fra gli altri, i seguenti reati:
– reati contro la pubblica amministrazione;
– delitti informatici e trattamento illecito di dati;
– reati societari;
– reati informatici;
– reati commessi con finalità di terrorismo e/o criminalità organizzata;
– reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commessi in violazione delle norme poste a tutela dell’igiene e della salute sui luoghi di lavoro;
– reati ambientali;
– riciclaggio, ricettazione e impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita;
– delitti contro l’industria e il commercio.
Le sanzioni previste per la società o l’ente ai sensi di questa normativa sono incisive e molteplici e possono così riassumersi:
– sanzione pecuniaria (basata su un sistema di quote, stabilite dal magistrato di volta in volta)
– sanzioni interdittive (tra cui il divieto di svolgere l’attività lavorativa, sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni, divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, esclusione da agevolazioni, contributi e sussidi, divieto di pubblicizzare beni o servizi);
– sanzioni accessorie (quali la pubblicazione della sentenza di condanna e la confisca di somme equivalenti al valore del profitto tratto dall’illecito penale).
Per non incorrere in responsabilità ai sensi e per gli effetti della normativa sopracitata l’ente o la società deve dimostrare:
– in primis di aver adottato ed attuato un valido modello di organizzazione, gestione e controllo (il modello 231 per l’appunto) volto a prevenire la commissione di quei reati;
– di aver istituito un organismo di vigilanza incaricato di far rispettare il modello 231;
– che l’organismo sia correttamente e regolarmente funzionante;
– che il reato non sia stato commesso con elusione fraudolenta del modello231
– che non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo.
Il modello 231 consiste quindi in un insieme di vari elementi (disposizioni organizzative e procedimentali, di controllo, di sicurezza, di supporto, codici di comportamento) che compongono un vero e proprio sistema di gestione preventiva dei rischi aziendali.
L’adozione del modello comporta, perciò, un miglioramento dell’efficacia e della trasparenza del funzionamento dell’ente o società interessati, prevenendo fenomeni di opacità informativa, possibili corruzioni e utilizzi impropri della struttura dell’ente o dell’impresa per fini illegali, contribuendo, perciò, alla diffusione di una cultura della legalità negli enti e nelle imprese.
In definitiva, sulla base della spinta degli interventi normativi e delle pronunce giurisprudenziali, il modello 231 è diventato uno strumento necessario per l’efficiente conduzione ed il controllo dell’attività d’impresa, sia essa di matrice pubblica o privata, per la promozione della cultura della legalità e, conseguentemente, per la tutela di patrimonio e attività dell’ente o dell’impresa.
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